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Locanda Officina Monumentale

Milano, Italia

info                                  +

stato:  costruito, 2021

dimensione:  1.200 mq

                  + 1000 mq spazi aperti

tipologia: incubatore d'impresa

team

Luca Pagani (Project Leader)

Matteo Pavesi 

Andrea Ludovico Borri

impianti 

Coprat + Vergani Impianti +

Manet

strutture

Studio Cavadini Ingegneria

spazi aperti

Vittorio Peretto - Hortensia

 

progettazione e direzione lavori 

Andrea Borri Architetti

 

impresa di costruzione

Fregonese Restauri

illuminazione

HI LITE Next

lattoneria

Prefa Italia S.R.L.

 

foto

Andrea Borri Architetti

Marco Manta

Lorenzo Gaioni

Edoardo Valle 

LOM_MANTA_13.jpg

LOM – Locanda Officina Monumentale rappresenta per Andrea Borri Architetti una sorta di ‘Progetto Manifesto’: un’iniziativa di rigenerazione urbana di cui è stato esecutore e committente, improntata sui concetti che sono alla base della filosofia dello studio.

 

L’edificio protagonista del progetto nasce come cascina intorno al 1850 alle spalle del cimitero Monumentale di Milano, ai tempi un contesto ben più “rurale” rispetto ad oggi. La cascina aveva un uso tecnico e manifatturiero e faceva parte di un complesso più grande che aveva il nome di “Cascina Lupetta”. L’immobile poi era stato abbandonato e quindi occupato e lasciato in condizioni di totale degrado.

 

Lo spazio, rilevato da Andrea Borri, Michele Borri, Stefano Micelli e Alfredo Trotta e radicalmente ristrutturato da Andrea Borri Architetti, ha acquistato una vita completamente nuova.

I 1200 metri quadri della cascina oggi vengono utilizzati in diversi modi: 700 mq ospitano aziende aderenti al progetto di accelerazione d’impresa – ospitando artigiani 4.0 che realizzano produzioni custom made con una profonda attenzione alla qualità e alla sostenibilità -, 200 sono aperti al pubblico con attività di bar e ristorazione; 70 sono spazi comuni e i restanti adibiti a formazione e ospitalità.

 

concept

Rigenerazione urbana, riattivazione del patrimonio architettonico esistente trasformato in spazio sociale, upcycling, restauro radicale, sostenibilità: questi concetti, alla base della filosofia di Andrea Borri Architetti, sono stati il timone alla guida per la realizzazione di LOM.

La Locanda Officina Monumentale diventa così non solo un progetto innovativo, intraprendente, sperimentale ma anche un nuovo punto di partenza per il territorio e per lo studio stesso.

 

struttura

La struttura compositiva è molto semplice. Si tratta infatti di un edificio a pianta rettangolare suddiviso in otto blocchi identici fra loro e una piccola spina di servizio posta al centro. In origine era interamente realizzato in mattoni e legno senza alcun altro materiale. Questo ha permesso di gestirne molto meglio il processo di smontaggio e riassemblaggio. La facciata, ad esempio, presentava una serie di aperture e alcune cicatrici derivanti dagli interventi di modellazione avvenuti negli anni successivi, utilizzate poi nella definizione della nuova architettura e dei nuovi spazi.

 

esterni

Il giardino è stato affidato al paesaggista Vittorio Peretto il quale ha affrontato i temi dell’esterno con grande sensibilità. L’architetto ha infatti proposto di realizzare un “Dry Garden”, un giardino che non necessiti di essere innaffiato, se non in minima parte per le poche piante mobili.

É stato volutamente deciso di non usare erba per lasciar posto a un grande sistema di distesa di ghiaia, la quale oltre a garantire un’assoluta permeabilità del terreno, permette anche di rendere più fresco il giardino, senza però richiedere l’utilizzo di acqua. Tutte le piante scelte sono ovviamente a basso consumo idrico e tendenzialmente tropicali, in quanto le temperature stanno aumentando e per questa ragione è fondamentale da subito mettere a dimora piante che non vadano in sofferenza con climi più caldi.

Per sicurezza è stata posizionata una cisterna da 5000 l di accumulo di acqua piovana, riutilizzata per le poche fasi di innaffiatura necessaria.

interni

La realizzazione degli interni ha seguito lo stesso modus operandi dell’esterno, orientandosi verso i principi la filosofia dell’upcycling e della sostenibilità. Tutto ciò poteva essere recuperato è stato rigenerato e impiegato nuovamente come l’utilizzo delle assi in legno, precedentemente parte dell’architettura, utilizzate per creare i piani dei tavoli. Dove questo non è stato possibile, la scelta è andata verso prodotti contemporanei e innovativi, grazie al supporto e alla collaborazione di altri professionisti e aziende di design. Nella zona bar, per accentuarne la nota di carattere, Andrea Borri Architetti ha collaborato con l’architetto Tommaso Fantoni e con Alessandra Salaris per la parte di styling.

Ai designer Federico Peri e Francesco Faccin è stato chiesto di realizzare dei pezzi unici di arredo come tavoli e sedie, da inserire in questa dimensione di coralità. Hi lite si è occupato invece dell’illuminazione architettonica, mentre le lampade e i punti luce interni sono stati forniti da Astep.

 

smantellamento e recupero

Partendo dalla matrice originale e dall’idea di ri-caratterizzare un edificio divenuto anonimo, lo studio ha iniziato con una fase di strip out radicale. L’immobile è stato per prima cosa spogliato in tutto e per tutto degli elementi in legno, oltre che delle solette e di tutti i sottofondi, fino ad arrivare ai piedi di fondazione. A questo punto è stato realizzato un vespaio areato che permettesse di accogliere tutte le infrastrutture del reticolo idrico e dei sotto servizi. Sono quindi state staccate le pareti, lavate e stabilizzate. Le cuciture delle finestre sono state ordinatamente aperte. Gli interventi di ricucitura sono stati effettuati mediante l’utilizzo dei mattoni del fabbricato stesso, poiché costituivano il telaio d’appoggio del vecchio tetto, anch’esso smontato e successivamente riutilizzato.

Modernità e restauro radicale, dunque, ma anche conservazione dei segni lasciati dal tempo, nel rispetto della storia del luogo. Laddove possibile sono stati conservati tutti gli intonaci originali, soprattutto al primo piano, cercando di intervenire nella maniera più delicata possibile, lavando e proteggendo i decori storici con smalti all’acqua trasparenti.

All’ultimo piano è stato recuperato anche il sottotetto attraverso un intervento piuttosto radicale, ovvero lo slittamento verso il basso d’incirca 60cm della soletta che divideva primo piano e sottotetto.

 

materiali e sostenibilità

In tutta la ristrutturazione, la scelta dei materiali e dei partner è stata guidata da criteri di sostenibilità.

Le solette del primo e del secondo piano sono state realizzate utilizzando travi in larice provenienti dagli alberi abbattuti dalla tempesta del 2018 in Val di Fiemme.

Il viale d’accesso e i camminamenti perimetrali dell’edificio sono composti dalle pietre derivanti da vecchi gradini e dal ballatoio originario.

I serramenti invece provengono da un’azienda belga di nome Reynaers, che lavora utilizzando alluminio riciclato per oltre il 70% della produzione. Il manto di copertura è stato realizzato con un sistema “Prefa”, il quale nonostante sia in alluminio deriva per oltre 60% dall’uso di materiale riciclato. I pavimenti del primo e del secondo piano sono in legno Bauwerk con plance spesse solo 9 mm da lavorare con soli assemblaggi ad acqua.

I pavimenti esterni delle terrazze sono in gres riciclato, gli isolanti in fibra di legno. La copertura, le gronde sono riciclati. I rubinetti miscelatori sono tutti a basso consumo idrico.

 

aspetti tecnici ed energetici

Per quanto riguarda l’aspetto energetico lo studio ha optato per una serie di scelte tecniche e di comportamento sempre nell’ottica della sostenibilità e del minor impatto possibile.

L’edificio, che si sviluppa per 1200 mq più altri 1000 di giardino, aveva la capacità di esercizio a regime di non oltre 50W a metro quadro, essendo collegato alla rete elettrica tramite un solo contatore trifase da 60KW. Questa unica utenza gestisce e ripartisce tra i vari utenti e gli impianti l’uso dell’energia a disposizione, includendo nel conteggio anche il bar e la relativa cucina. Questa ridotta quantità d’energia ha perciò dettato la necessità di regole comportamentali condivise tra tutti ma che hanno poi permesso di raggiungere l’obiettivo prefissato. Inoltre, con Edison Energia è stato realizzato un impianto fotovoltaico da 19,9 kW così da garantire quanto più possibile un auto sostentamento energetico.

 

Il sistema di climatizzazione è stato interamente realizzato con Daikin, in particolare, è stata utilizzata la tecnologia loop by Daikin per gli impianti VRV di quarta generazione. Oltre ad una grande efficienza, questi macchinari sono realizzati con plastica e metalli riciclati, ma la loro eccezionalità sta nell’uso di gas provenienti dallo smantellamento di vecchi impianti.

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